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Storia dell'uncinetto 1 parte

 Come per la maggior parte delle tecniche artigianali la nascita dei lavori all'uncinetto si perde nella notte dei tempi e la ritroviamo  in quasi tutti i continenti, ma a differenza delle tecniche artigianali ritenute "alte", penso ad esempio ai vestiti sartoriali o alle tessiture di tappeti, per le arti maggiormente riservate alla produzione casalinga per mano di donne e trasmesse solitamente nello stesso contesto, le notizie sono veramente scarse.
L'uncinetto non fa difetto in questo senso. Cercando notizie in italiano si trovano sempre le solite informazioni. L'unico articolo un po' più dettagliato che ho trovato fa risalire le origini agli Egizi per poi riprenderne le tracce nel XVI secolo.
Qualche informazione in più è possibile rintracciarla in siti di lingua inglese. 
Anche qui l'origine viene fatta risalire ad un'incerta notte dei tempi e lo stesso termine "crochet" che indica i lavori all'uncinetto in inglese sembra derivare dal francese "croche" uncino, come ad indicare un sapere che circolava senza confini nazionali.
Una ricercatrice, la danese Lis Paludan, che ha limitato la sua ricerca sulle origini dell'uncinetto all'Europa, avanza tre teorie interessanti. La prima è che la tecnica dell'uncinetto abbia avuto origine nei paesi arabi, da lì si è diffusa a est in Tibet e a ovest in Spagna, da dove ha seguito le rotte commerciali arabe verso altri paesi del Mediterraneo. La seconda è che le prime tracce  dell'uncinetto provengano dal Sud America, dove si diceva che una tribù primitiva avesse usato ornamenti lavorati all'uncinetto nei riti della pubertà. La terza che provenga dalla Cina,  dove troviamo i primi esempi di bambole tridimensionali lavorate all'uncinetto.
Di sicuro prima del 1800 non abbiamo fonti certe rispetto a questa tecnica. Sembra che esistessero in Italia dei lavori fatti con nastri chiamati "lavori da suora" con cui venivano tessuti dei merletti per oggetti di Chiesa, ma non avevano un nome specifico.
In quei tempi le condizioni di vita e di lavoro per gli irlandesi erano dure. Lavoravano all'uncinetto tra le faccende agricole e all'aperto per sfruttare la luce del sole. Dopo il tramonto, si trasferivano al chiuso per lavorare alla luce di una candela, un fuoco di torba a combustione lenta o una lampada a olio.
Il posto dove tenere i loro lavori all'uncinetto rappresentava un problema poiché molti vivevano nello squallore. Spesso venivano riposti  sotto il letto dove inevitabilmente si sporcavano. Fortunatamente, il pezzo all'uncinetto poteva essere lavato e la sua lucentezza originale completamente recuperata. Ironia della sorte, gli acquirenti all'estero non erano consapevoli del fatto che i loro delicati colletti e polsini erano stati realizzati in abitazioni primitive in condizioni di povertà.
I lavoratori irlandesi - uomini ma anche donne e bambini - sono stati organizzati in cooperative all'uncinetto. Furono formate scuole per insegnare l'abilità e gli insegnanti furono formati e inviati in tutta l'Irlanda, dove i lavoratori stavano presto creando nuovi modelli personali. La carestia provocò più di un milione di morti in meno di 10 anniLe famiglie facevano affidamento sui loro guadagni dall'uncinetto, che dava loro la possibilità di risparmiare abbastanza per emigrare e iniziare una nuova vita all'estero, portando con sé le loro abilità all'uncinetto.
 Gli irlandesi immigrarono in America: due milioni tra il 1845 e il 1859, quattro milioni entro il 1900. Le donne americane, impegnate con la filatura, la tessitura, il lavoro a maglia e il quilt, non poterono fare a meno di essere influenzate e includere nel loro lavoro manuale le abilità all'uncinetto dei loro nuovi vicini.

La prima tecnica ad uncinetto di cui si ha qualche informazione in più è il pizzo irlandese o irish crochet che è stato un vero toccasana per il popolo irlandese. Li tirò fuori dalla loro carestia di patate, che durò dal 1845 al 1850 e che gettò la popolazione in uno stato di  povertà assoluta.

Commenti

  1. Bellissimo Simona ho letto tutto di un fiato aspetto la prossima parte❤️

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  2. grazie Luisa... piano piano la scrivo ;-)

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